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Oltre confine
Ci sono luoghi che non compaiono nelle guide turistiche. Nessun depliant li celebra, nessun influencer vi si aggira. Esistono al di là dei confini levigati del comfort, dove la terra è spaccata, l’aria sa di ruggine e sudore e il tempo si muove a un ritmo che si rifiuta di correre.
Questo non è solo un luogo. È una soglia. La varchi inconsapevolmente, fino a quando la forma delle cose inizia a cambiare. Gli occhi degli estranei incrociano i tuoi senza pretese, come se anche loro riconoscessero i fardelli invisibili che porti con te.
Qui la bellezza non urla. Sussurra. Si nasconde nelle mani ruvide di chi lavora i campi, nelle rughe di una donna che protegge i suoi cocomeri dalla pioggia, nella tranquilla perseveranza di un uomo che spinge la sua bicicletta da solo sul ciglio della strada. Si sofferma tra cancelli arrugginiti e nomi dimenticati, dove croci storte si appoggiano come ricordi stanchi.
Quest’opera non parla di povertà, né di nostalgia. Parla di presenza, di ciò che sopravvive alla lenta erosione del tempo. Parla della dignità incisa nei gesti più piccoli: una camicia rattoppata, uno sguardo che non chiede né spiega, una tomba che contiene ancora un nome che nessuno pronuncia ad alta voce.
Fotografare questi luoghi non significa raccogliere immagini. È inginocchiarsi e ascoltare. Vedere cosa cresce ancora dove ci sono le cose selvagge. Affrontare la morte e rendersi conto che anche lì la vita resiste. Lentamente. Testardamente. In modo meraviglioso.
Quindi avvicinati. Non per giudicare. Ma per testimoniare.